Kintsugi - 金継ぎ

Qualcuno di voi già conosce questa tecnica e forse anche meglio di me, ma io vorrei mostrare, con questo articolo, il mio punto di vista e la somiglianza con la psicoterapia e quanto noi siamo legati con la natura.

 

Inizio però nel raccontarvi una storia.

La leggenda narra così: Durante il periodo Muromachi (1336 – 1573) uno shogun 将軍 (comandante dell’esercito con il più alto titolo militare possibile), dopo che la sua tazza da tè preferita si ruppe, commissionò a degli artigiani di ripararla in modo che fosse ancora utilizzabile e degna della sua carica. Per riuscire nell’impresa, questi utilizzarono della lacca naturale mescolata con polvere d’oro, ottenendo un risultato strepitoso dal punto di vista artistico.

Il successo di questa nuova forma di artigianato prese piede molto in fretta tra le corti e i collezionisti dell’epoca. Numerosi furono i casi di porcellane rotte volontariamente per fare in modo che venissero riparate tramite la tecnica del Kintsugi, alzandone il valore economico e artistico. Diventò vera e propria forma d’arte a partire dal 1400.

 

Ogni oggetto riparato con questa tecnica diventa unico nel suo genere. Non sarà mai possibile rompere due pezzi in maniera identica. Il risultato finale, dopo essere stato aggiustato, sarà sempre un pezzo d’arte unico al mondo.

 

Il Kintsugi ha una forte valenza filosofica, sia per gli artigiani che eseguono la riparazione, sia per chi assiste al processo o riceve l’oggetto riparato. Risanare è una forma di terapia psicologica molto potente. Una volta assestato, sarà come se fossimo riusciti a sistemare una piccola parte negativa che abbiamo patito. Andare da uno psicoterapeuta è il primo passo alla resilienza, alla capacità di rialzarsi dopo una caduta. Il significato sta proprio in questo aspetto: non dobbiamo nascondere le ferite che abbiamo o vergognarcene, perché se le “ripariamo” nel modo giusto, ovvero superando la difficoltà o il trauma che ci hanno lasciato e imparando da esso, diventeranno medaglie, trofei che celebreranno le battaglie a cui siamo sopravvissuti.

La ricostruzione inizierà dall’analisi, dall’osservazione e dalla ricerca di significato unitario dei frammenti.

 

Raccogliete i frantumi e date loro un nome, permettetevi di essere tristi e ascoltatevi, ripulite i frammenti dalle impurità delle emozioni nocive, lasciate andare, perdonate, archiviate e perseverate nel ricomporre una visione unitaria che superi il passato e riconosca nel presente la dimensione della decisione che può scrivere nuovi percorsi.

 

Le crepe che non vengono negate, ma messe in evidenza, sono rese uniche e particolari, così come dovrebbero essere per le ferite della nostra anima.

A mio avviso nascondere è uguale a negare.

A volte, e tanto per fare una metafora con la leggenda, si innescano in noi delle resistenze per nascondere le crepe, fare finta che non ci sia, girare la tazza dalla parte sana, ma se anche questo non funziona, allora si ricorre alla negazione dove si immagina che non ci siano le crepe. Questo forse è il modo più sbagliato per ricostruire il nostro corpo.

 

La psicoterapia, come il kintsugi, cerca di rinnovare ma avendo una memoria. Non è negata la teiera originale, che include gli elementi originali e aggiunge nuovi preziosi elementi riparativi, che nel parallelismo con la psicoterapia sono le parole, la tecnica, la relazione. Un processo che unisce e consente alla “teiera” e quindi a noi stessi di essere di nuovo funzionanti e belli, anche in quelle che in origine apparivano fratture. E certamente più solidi nella nostra nuova e rigenerata identità.

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